I NUMERI DEL TUMORE AL POLMONE
Nel Mondo
Il tumore al polmone costituisce un importante problema di salute globale. Il tumore al polmone è una delle neoplasie più diffuse a livello mondiale e rappresenta oltre il 12% di tutte le diagnosi per tumore1.
Secondo le ultime stime di GLOBOCAN, nel 2018 sono stati diagnosticati 2.094.000 nuovi casi di tumore al polmone a livello globale, rendendolo il principale tumore per incidenza a livello mondiale2.
Con una stima di 1.369.000 casi, il cancro ai polmoni è il secondo tumore più comune negli uomini, dopo il cancro alla prostata, e il secondo tumore più comune nelle donne, dopo il cancro al seno, con 725.000 casi2.
Immagine 2: Elaborata da Figura 4A, ref. 3
Immagine 3: Elaborata da ref. 4
In Europa ed in Italia
Il cancro del polmone in Europa ha una prognosi sfavorevole, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 13% (11,2% nei maschi e 13,9% nelle femmine)5.
Immagine 4: Elaborata da ref. 7
Ad oggi si stimano circa 43.900 nuove diagnosi di tumore al polmone in Italia.6
Si tratta della seconda neoplasia più frequente negli uomini con 29.300 nuovi casi e la terza nelle donne con 14.600 nuove diagnosi.6 La sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è pari al 16% negli uomini e al 23%
nelle donne.6 Questo perchè la maggior parte delle persone riceve una diagnosi di malattia in stadio avanzato5.
FATTORI DI RISCHIO E SINTOMATOLOGIA
I modelli geografici e temporali relativi all’incidenza del tumore al polmone nella popolazione, così come la stessa mortalità, sono determinati principalmente dal consumo di tabacco, che rimane il principale fattore eziologico
nella carcinogenesi polmonare.9
Altri fattori, come la suscettibilità genetica, la cattiva alimentazione, l’esposizione professionale e l’inquinamento atmosferico, possono agire indipendentemente o di concerto con il fumo di tabacco nel plasmare
l’epidemiologia descrittiva del cancro del polmone.9,10
I principali fattori di rischio10
I principali fattori di rischio del tumore al polmone comprendono:
- Fattori di rischio genetico (come storia familiare, o polimorfismi genetici);
- Fumo di tabacco;
-
Dieta e alcol (ad esempio, un’elevata assunzione di carne, in particolare di carne rossa fritta o ben cotta, può aumentare il rischio di cancro al polmone e ciò può essere correlato alla formazione di nitrosammine durante la
cottura);
- Infiammazione cronica dovuta a infezioni e altre condizioni mediche;
- Radiazioni ionizzanti;
- Esposizioni professionali (come amianto, metalli e differenti esposizioni professionali, silice, idrocarburi policiclici aromatici, gas di scarico diesel);
- Inquinamento atmosferico.
Sintomatologia
Di solito i sintomi del tumore al polmone compaiono solo quando la malattia è già in fase avanzata. Anche quando il tumore al polmone è sintomatico, molte persone possono scambiare i sintomi per altri problemi, come un’infezione
o gli effetti a lungo termine del fumo. Questo può ritardare la diagnosi.12 I sintomi maggiormente riscontrabili includono: affaticamento, perdita di appetito, problemi respiratori, tosse, dolore e
emottisi11.
Immagine 6: Elaborata da ref 11
DIAGNOSI DELLA PATOLOGIA
Stadiazione della malattia
Il tumore al polmone viene diagnosticato sulla base dell’esame obiettivo, dei sintomi, dell’anamnesi e tramite la diagnostica per immagini (per esempio, radiografia del torace, tomografia computerizzata [TC]/tomografia a
emissione di positroni [PET]-CT).12 In caso di una lesione sospetta, si esegue una biopsia del tessuto per formulare la diagnosi identificando il sottotipo istologico e confermare lo stadio di malattia12.
Lo stadio alla diagnosi fornisce informazioni utili per le decisioni terapeutiche, predice la prognosi e determina l’eleggibilità per l’inclusione in eventuali studi clinici.13
Il sistema più comunemente usato per classificare il tumore al polmone è il Tumor-Node-Metastasis (TNM) dell’American Joint Committee on Cancer (AJCC), ora alla sua ottava edizione.13 Il sistema di stadiazione TNM è
usato per descrivere la crescita e la diffusione del tumore al polmone, e si basa su tre categorie di informazioni13:
- T: estensione del tumore primario;
- N: coinvolgimento dei linfonodi locali;
- M: presenza di metastasi a distanza.
Inoltre:
- I numeri da 0 a 4 che compaiono dopo T, N e M stanno ad indicare una severità crescente.13
- Le categorie T, N e M assegnate, invece, vengono combinate per determinare uno stadio complessivo pari a 0, I, II, III o IV.13
La stadiazione dunque va dallo stadio IA (presenza di tumore non invasivo) allo stadio IV (malattia metastatica). Gli stadi IIIA, IIIB e IIIC sono definiti “localmente avanzati” o “locoregionali”, mentre i tumori allo stadio IV
sono definiti “metastatici”13.
LA DETERMINAZIONE ACCURATA DELLO STADIO DELLA MALATTIA È IMPORTANTE PER LE DECISIONI TERAPEUTICHE13
T
INDICA LE DIMENSIONI DEL TUMORE PRIMARIO E LA MISURA IN CUI È CRESCIUTO NELLE AREE VICINE13
N
INDICA LA DIFFUSIONE DEL CANCRO AI LINFONODI VICINI E A DISTANZA13
M
INDICA LA MISURA IN CUI IL CANCRO HA METASTATIZZATO AD ALTRI ORGANI DEL CORPO13
Immagine 7: Elaborata da ref 13
La diagnosi di tumore al polmone in stadio precoce è generalmente associata a una prognosi migliore e a una maggiore sopravvivenza. La maggior parte dei pazienti, sfortunatamente, presenta una malattia localmente avanzata o in
fase avanzata8, e questo influisce significativamente e negativamente sugli esiti della sopravvivenza5.
Le metastasi tumorali sono spesso presenti nel carcinoma polmonare in stadio avanzato. Le metastasi cerebrali si riscontrano in circa il 10-20% dei pazienti con tumore al polmone alla diagnosi, mentre circa il 25-50% dei
pazienti le svilupperà durante il corso della patologia14,15. Altri siti comuni di metastasi includono il fegato, le ghiandole surrenali e le ossa e, meno comunemente, l’intestino, il pancreas, gli occhi, la pelle, i
reni o il seno16.
Immagine 8: Elaborata da ref 17
DIAGNOSI ISTOLOGICA
Se si tiene conto dell’istologia, ci sono due principali tipologie di tumore al polmone: tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) e tumore al polmone a piccole cellule (SCLC). Tra le due tipologie, il NSCLC risulta essere
quello più comune18.
Immagine 9: Elaborata da ref 12, 18, 19, 20
In Italia il tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) rappresenta circa l’85% dei casi totali di cancro al polmone e comprende diversi sottotipi istologici, che possono essere classificati in squamosi e non
squamosi18.
- Circa il 25-30% dei NSCLC è del tipo squamoso18;
-
Circa il 75% dei NSCLC è del tipo non squamoso18, di cui:
- ◊ gli adenocarcinomi rappresentano il sottotipo più comune di NSCLC, e complessivamente rappresentano circa il 40% di tutti i casi di tumore al polmone21;
- ◊ circa il 10% è rappresentato da carcinoma a grandi cellule21;
- ◊ la restante parte di essi comprende sottotipi rari e altri tipi istologici21.
Immagine 10: Elaborata da ref. 21
LA DIAGNOSI MOLECOLARE E I BIOMARCATORI DEL TUMORE AL POLMONE
La corretta identificazione dello stadio in cui si presenta la patologia e del suo specifico sottotipo sono importanti per la scelta del trattamento. Il tumore del polmone è caratterizzato da un elevato carico mutazionale:
l’adenocarcinoma è considerato il sottotipo geneticamente più eterogeneo22 e più del 50% dei casi è caratterizzato da un’alterazione genetica driver23.
Immagine 11: Elaborata da Amgen
I diversi biomarcatori identicati negli specifici sottotipi di NSCLC avanzato guidano la scelta del trattamento.24
Secondo la definizione più classica, un biomarcatore è una molecola biologica quantificabile/misurabile trovata all’interno del sangue, di altri fluidi corporei o nei tessuti che indica la presenza di un processo che può essere
fisiologico oppure patologico25.
Nel caso specifico dei tumori, i biomarcatori sono molecole caratterizzanti e identificabili come proteine o mutazioni genetiche che, oltre a poter indicare la presenza e il sottotipo di tumore, aiutano a identificare i pazienti
che hanno maggiori probabilità di beneficiare di terapie mirate.25
I principali biomarcatori che vengono testati di routine nella pratica clinica includono26:
- Espressione di PD-L1 che si verifica ad alti livelli nel ~25% dei pazienti27;
- Mutazioni di EGFR che si verificano nel ~15% dei pazienti26;
- Mutazioni di KRAS, che si verificano dal 25% al 33% dei pazienti26 con la variazione KRAS G12C che rappresenta circa il 44% tra tutte le alterazione a carico di KRAS stesso31
- Riarrangiamenti di ALK, che si verificano nel ~5% dei pazienti26;
- Riarraggiamenti di RET che si verificano nel 2% dei pazienti26;
- Riarrangiamenti di ROS1 che si verificano nel 2% dei pazienti26;
- Riarrangiamenti di NTRK che si verifica nel ≤1% dei pazienti26;
Immagine 12: Elaborata da ref 18, 21, 28, 30
OVERVIEW DEI PRINCIPALI APPROCCI DIAGNOSTICI MOLECOLARI
Esistono diverse tecniche utilizzate per rilevare i diversi biomarcatori che caratterizzano il NSCLC. Le considerazioni chiave per la scelta dei test finalizzata all’analisi includono:
- la validità clinica del biomarcatore;
- l’accesso a soluzioni clinico-terapeutiche;
- la disponibilità del campione;
- il tempo di consegna dei risultati;
- il costo del test;
- la disponibilità di risorse;
- il contesto clinico.
La complessità del genotipo tumorale ha favorito lo sviluppo di tecnologie altamente performanti capaci di fornire informazioni di valore clinico.31 In questo scenario, la tecnologia next-generation sequencing (NGS)
si è integrata nella pratica clinica e recentemente è stata raccomandata dalla Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) come metodologia per ottenere una profilazione molecolare in pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare
metastatico, cancro alla prostata, cancro dell’ovaio e colangiocarcinoma31.
La tecnologia NGS, infatti, è in grado di analizzare simultaneamente il crescente numero di biomarcatori identificati per la pratica clinica partendo dalla stessa quantità di tessuto solitamente utilizzata per le singole analisi
molecolari32.
PRINCIPALI METODICHE DIAGNOSTICHE MOLECOLARI A CONFRONTO
Immagine 13: Elaborata da ref 33
LE PRINCIPALI BARRIERE AL TESTING DEI BIOMARCATORI
Le terapie mirate possono migliorare i risultati clinici34 e aiutare a evitare trattamenti non ottimali o eventi avversi, con ricadute negative sia per il paziente che per il sistema sanitario in termini di
costi35. è stato osservato che i pazienti che hanno ricevuto una terapia mirata vivono più a lungo.36
Tuttavia, ad oggi, sono numerose e di varia natura le barriere legate al testing che risultano avere un impatto negativo su questo scenario:
- Tessuto tumorale inadeguato: il 55% dei pazienti presenta del materiale tumorale inadeguato per i test molecolari da effettuare alla diagnosi.37
-
Tessuto in quantità insufficiente: i risultati di uno studio globale del 2016 hanno mostrato come il 63% dei pazienti non riceve il test mutazionale per EGFR a causa di materiale tissutale insufficiente38.
-
Non è possibile ripetere le biopsie: non è possibile ripetere le biopsie in circa il 20% dei pazienti con NSCLC avanzato.39 Nel 25% circa delle biopsie che vengono ripetute, non si garantisce una soglia
sufficiente di materiale utile per l’analisi di un profilo genomico completo39.
-
Refertazione ed interpretazione delle informazioni ottenute: l’interpretazione clinica dei risultati ottenuti dalle analisi mutazionali dei biomarcatori può rappresentare una barriera all’aderenza dettata dalle linee
guida e all’implementazione delle appropriate terapie26-40.
-
Accesso ai test molecolari: i pazienti necessitano di avere un accesso equo ai test molecolari e alle molecole innovative, tuttavia delle differenze in termini di accesso sono state ampiamente registrate in
Europa41.
-
Tempi di consegna dei risultati: il tempo di consegna dei risultati (turnaround time TAT, definito come il periodo di tempo che intercorre tra la richiesta del test e il risultato dello stesso)37 può essere
un’importante barriera al testing molecolare. Le differenti piattaforme tecnologiche possono influenzare questo parametro: le principali linee guida internazionali raccomandano un TAT di 10 giorni lavorativi26.
- Interpretazione clinica dei risultati: solo una piccola frazione dei dati sequenziati da NGS può essere interpretata sulla base delle attuali conoscenze e disponibilità di terapie target abbinate42.
- Mancanza di riproducibilità: la mancanza di riproducibilità tra più saggi di test e le sfide associate alla convalida analitica hanno un’implementazione limitata nella pratica clinica di routine43.
BIOPSIA LIQUIDA: VANTAGGI E SFIDE37
La disponibilità del tessuto ai fini diagnostici è sicuramente una delle barriere più importanti da superare. Per questo motivo, nel caso in cui il tumore non risulti accessibile o le condizioni del paziente non permettano un
approccio bioptico invasivo, la biopsia liquida può risultare una valida alternativa in grado di fornire materiale biologico di valore per le analisi molecolari.37
La biopsia liquida consiste nell’analisi di molecole derivanti dal tumore e isolate a partire da un fluido corporeo (ad es. sangue, urina, saliva, fluido cerebrospinale e versamento pleurico). L’analita maggiormente testato a
partire dal prelievo ematico è il DNA libero circolante (o plasma-circulating cell-free DNA, cfDNA) che contiene a sua volta il DNA tumorale circolante (ctDNA, cioè DNA frammentato di origine tumorale presente nel flusso
sanguigno). Il cfDNA contiene solo una piccola frazione di ctDNA, che tuttavia aumenta all’aumentare del carico tumorale e dei differenti stadi patologici (I-IV).37
Il principale vantaggio della biopsia liquida è che risulta essere minimamente invasiva (diminuendo il rischio di complicazioni procedurali) e può essere ripetuta nel tempo al fine di monitorare, non solo l’andamento della
patologia, ma anche l’eventuale insorgenza di meccanismi di resistenza. Inoltre, il turnaround time (TAT) è di 6 giorni inferiore rispetto a quello richiesto dalla biopsia tissutale “classica”.37
Tuttavia, la biopsia liquida è associata a diverse limitazioni che includono: bassa sensibilità, rischio di falsi positivi dovuto al fenomeno dell’ematopoiesi clonale (espansione di mutazioni a carico delle cellule del sangue),
difficoltà nell’identificazione di specifici tipi di alterazioni (fusioni o traslocazioni geniche). Per queste ragioni, l’utilizzo della biopsia liquida deve sempre essere considerata con attenzione.37
In generale, se consideriamo che annualmente in Europa, circa 40.000 pazienti affetti da NSCLC non ricevono una profilazione molecolare completa, con il 40% dei casi che è da ricondurre a problematiche legate alla biopsia
“classica” e all’inadeguatezza del campione, possiamo comprendere come
la biopsia liquida possa tradursi in una soluzione complementare di cui potrebbero beneficiare circa 16.000 pazienti ogni anno.37
IL TEST NGS BASATO SULLA BIOPSIA LIQUIDA PUÒ SUPERARE LE SFIDE ASSOCIATE ALL’ANALISI DELLA BIOPSIA TISSUTALE
ctDNA = circulating tumour DNA; DNA = deoxyribonucleic acid; NGS = next-generation sequencing; NSCLC = non-small cell lung cancer;
PD-L1 = programmed death-ligand 1; RNA = ribonucleic acid
Immagine 14: Elaborata da ref 44, 45
LO SAI CHE...
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha valutato il testing rate di diversi biomarcatori quali EGFR, ALK, ROS1, BRAF e PD-L1, analizzando retrospettivamente la cartelle cliniche di 3.474 pazienti adulti con NSCLC: la
maggior parte dei pazienti ha ricevuto almeno un test dei biomarcatori prima della 1L e meno del 50% ha ricevuto tutti e 5 i test46.
In Europa la situazione non sembra essere migliore, con i tassi di analisi relative ai biomarker che, nonostante le indicazioni delle linee guida, rimangono sub-ottimali: i risultati di un’analisi globale ad opera
dell’Associazione Internazionale per lo Studio de Tumore al Polmone (IASLC – International Association for the Study of Lung Cancer) mostrano che annualmente,
circa 40.000 pazienti con NSCLC non hanno la possibilità di trarre beneficio dall’oncologia di precisione in quanto non testati per nessun biomarker37
In Italia, infine, un’analisi condotta nel periodo 2011-2016 ha mostrato come il 49% dei pazienti affetti da NSCLC avanzato (stadio IIIB/IV) di nuova diagnosi, non abbia ricevuto nessun tipo di test mutazionale
37.
Immagine 15: ref 37,46